"Fred", pittore che ritrae il sogno

Intriganti, onirici, surreali:sono tutte da vivere le emozioni che suscitano i quadri di Bruno Chiarenza, in arte e per gli amici "Fred", figlio dell'indimenticato re delle notti romani e torinesi degli anni Cinquanta: Buscaglione. Solo il nome mette i brividi, accende i ricordi e le passioni, genuine e ruspanti come quelle che volano fra le note e le atmosfere calde e raffinate che l'artista disegnava tra volute di fumo e canzoni-poesie: "Buonanotte signorine", "Che notte", "eri piccola così". Il cuore ormai sintonizzato sul canale radio della memoria e della musica immortale, tra note di un'epoca che oggi rivive grazie all'arte e all'estro di Bruno Chiarenza. Per lui non c'è solo la musica, ma anche la pittura, con le sue potenzialità immaginifiche che lasciano scorrere i pennelli sulla tela, liberi come era libero lo spirito di Fred. Nello splendido castello di San Giorio di Susa, trasformato in casa-atelier, è possibile ammirare i quadri ad olio dell'artista, dal profondo significato esistenziale, allusivo, inquietante o solo divertente. Un fatto è certo: le sue tele lasciano il segno, non si dimenticano, non si confondono nel marasma dell'arte contemporanea, vivono di luce e di colori, descrivono il mondo con gli occhi indagatori e un'ironia sottile, come quella che si legge nel suo sguardo di uomo eclettico e flessibile, di vero artista insomma, che riesce a impastare tra i pigmenti tutto il suo spirito e la sua gioia di vivere. I rimandi espressionisti e fauves non cadono mai in una flebile e sterile imitazione o rielaborazione dei grandi del Novecento, anzi, ne rielabora gli insegnamenti in una visione personale e nuova, a volte anche di denuncia sociale. E' il caso del dipinto che raffigura un rinoceronte visto di fronte, dai tratti geometrici come quelli di una incisione inca, multicolore, trattenuto da due mani umane, simbolo di repressione. L'opera richiama la battaglia che Chiarenza intraprese contro i giardini zoologici, nel'74, dando via a duna campagna di sensibilizzazione animalista molto moderna per l'epoca. Splendido anche il quadro dei gatti, accucciati sul tetto, sul davanzale di una finestra, impegnati in giochi e rappresentati in maniera personalissima. Uno con gli artigli affilati e occhi di fuoco, l'altro in piedi su due zampe quasi fosse un bambino birichino, un altro che osserva tranquillo la scena, lo spettacolo della vita che si svolge sotto i propri occhi. E poi "Torino", l'opera forse più significativa e surreale dell'artista, con un uomo imprigionato in gabbia, su una colonna antica chiamata con il nome della città, una prigione da cui evadere, da cui fuggire per non lasciar morire il bambino e i sogni di una vita vissuta intensamente, senza rimpianti e senza compromessi, proprio come il grande Fred.

Guido Folco